Dolore e qualità di vita

qualità di vita

L’intensità del dolore, come raccontavo nei corsi che tenevo, non è un paramento che indica la qualità di vita dei pazienti. Portavo l’esempio, mi ricordo, della tallonite cronica: una puntura di spillo sotto il tallone ogni volta che si appoggia il piede. Ogni singola volta.

La qualità di vita non viene condizionata dalla quantità del dolore. Se capitasse a voi, vi rendereste conto che dopo pochi giorni, prima di alzarvi dal letto, prima ancora di aprire gli occhi, il pensiero andrebbe sul quel dolore che avreste sentito appoggiando il piede. E l’avreste sentito per tutta la giornata, ad ogni passo.

Che senso ha in questo caso la domanda “quanto male fa”?

Allora perché si fa la domanda “quanto male fa”?

All’inizio esisteva la necessità, per i medici medici, di acquisire una consapevolezza del dolore. Abbiamo ideato le scale del dolore: “Il dolore va da zero a 10” ci hanno detto. Chiedete questo e saprete che farmaco dare.

NRS scala d valutazione numerica
VAS scala analogica visiva

Per i dolori lievi il paracetamolo o gli antinfiammatori, quando è più importante gli oppioidi “deboli” ma quando è severo dovete prescrive gli oppioidi “forti”.

Utile. Tutto utile perché il dolore, la prima causa di anni vissuti con disabilità e la prima causa di accesso al pronto soccorso, non veniva neanche registrato! Ci hanno insegnato così che il dolore rappresenta anche questo un “parametro vitale“, alla stregue della pressione arteriosa o dello stato di coscienza.

VRS scala di valutazione verbale

Abbiamo fatto anche una Legge dello Stato il tal senso, la famosa legge 38 del 2010 che sancisce il diritto del malato alla cura del suo dolore e riconosce il dolore cronico come malattia. Il dolore cioè condiziona la qualità di vita, esattamente come fa il diabete o l’ipotiroidismo. Ci è voluta una legge dello statto per affermare l’ovvio. Vi invito a leggerla, fa parte dei nostri diritti garantiti dal paese.

Dopo 14 anni da questa legge, cercare un’esperto in terapia del dolore nei pronto soccorso o prenotare una visita ambulatoriale con il SSN è molto difficile, per usare un eufemismo.

Il dolore è un’eperienza personale. Punto.

La definizione del dolore, la sua stessa compressione dal parte del personale sanitario rimane ancora molto nebulosa.

Come è lecito chiedere al dialettologo “cos’è il diabete”, sarebbe lecito chiedere a chi prova a curare il vostro dolore, “cos’è il dolore”. Provate a farlo. Il dolore è un’esperieza personale come la sua unica definizione vuole e come questo mio articolo spiega. Nessuno, neanche un medico (o tanto meno un medico) ha il diritto di giudicare o di raccontarci quale è l’esperienza che stiamo vivendo.

the story of pain Joanna Bourke

La storia del dolore di Joanna Bourke

Nel 2015 mi è stato proposto di presentare un libro di una professoressa di storia dell’Università di Birckbek, Londra, dal nome Joanna Bourke. Un personaggio molto interessante ed influente.

Il libro si intitolava “The story of pain, from player to painkillers”: la storia del dolore, dalla preghiera agli antidolorifici. Se avete dimestichezza con l’Inglese ve lo consoglio caldamente. Non si tratta di narrativa, ma di un libro di storia del dolore, come mezza pagina di riferimenti bibliografici.

Joanna, dal passato tumultuoso, neozelandese di nascita e Haitiana di crescita, era innamorata della Grecia. Con il suo meraviglioso compagno avevano comprato la miniatura di un appartamento ad Atene, pur di vedere il Partenone dalla loro finestra, nei giorni della loro frenetica vita che avevano la possibilità di scappare in Grecia.

Joanna voleva presentare il suo libro ad Atene e così è stato. Lo abbiamo presentato nel posto e al pubblico più suggestivo, nel Centro Culturale della Fondazione Onassis: la “Stegi”. Stegi in greco significa tetto. Tetto delle lettere e delle arti è il suo nome completo.

La presentazione è stata un successo. Vi racconterò solo un aneddoto di quella emozionante serata. Ricordo come Joana abbia effettuato uno studio, paragonando lesioni provocate da incidenti automobilistici con lesioni simili da arma da fuoco (durante la guerra del Golfo). Risulta, da questo studio, che i soldati avessero una necessità di antidolorifici nettamente inferiore e che vivessero il trauma (per quanto devastante) con molto meno stress.

Joanna ha analizzato il perché: subire un grave incidente automobilistico significa distruggere una macchina e magari dovere comprarne un’altra, stare dei giorni in mutua, riorganizzare gestione famigliare (chi porta i bambini a scuola?), per non parlare del lavoro… Un soldato ferito gravemente torna per sei mesi a casa da sua moglie e dai suoi figli.

presentazione the story of pain

La scale del dolore.

Le scale del dolore hanno rivoluzionato il nostro approccio al dolore. Senza di loro, noi medici non avremmo saputo obbiettivare l’intensità del dolore, così come riferita dal paziente. Ci saremo sempre sentiti in diritto di interpretare il male, la sua intensità. Le scale ci costringono ad una accettazione. Sono nate così la VAS (scala analogica visiva), la NRS (scala numerica) ed altre, tutte bassate su uno “zero” di assenza del dolore, quindi su una base esperienziale comune di assenza del dolore, e su un “10”: il “peggior dolore immaginabile”, cioè un valore ideativo, che dipende dall’immaginazione e dall’esperienza del singolo paziente.

Ma che scala è quella che inizia dall’esperienza e finisce nella fantasia? Non si possono mettere in paragone valori di qualità diverse. Non può esistere una progressione che inizia con le querce e finisce con i limoni!

VAS e qualità di vita

Tale scala è stata ideata negli inizi degli anni ’80 per il dolore tumorale nel terzo mondo. Per convincere i medici che dovevano prescrivere farmaci sufficientemente potenti per il controllo del dolore da cancro, anche la morfina! Paradossalmente, il dolore da cancro di solito è semplice da gestire.

Nasce da questo fatto una perplessità: si può applicare le scale del dolore in una società con aspettativa di vita di 85 anni (nel “terzo” mondo l’aspettativa di vita è molto inferiore)? Applicare le scale non solo nel dolore da cancro ma nel dolore cronico in generale, per esempio in quello neuropatico o osteoartrosico? Personalmente sono perplesso.

Gli oppioidi

Una riflessione sugli oppioidi: dopo essere stato per anni consulente esterno delle due più importanti case produttrici di farmaci antidolorifici oppioidi (concorrenti, ovviamente), penso di avere voce in capitolo. Innanzitutto gli oppioidi sono farmaci e come tutti i farmaci hanno indicazioni precise che non devono essere forzate. Per un dolore, per quanto severo ma infiammatorio, sarà sempre più efficace un banale antinfiammatorio non steroideo (FANS) o un cortisonico, di un oppiaceo. Esattamente come gli antibiotici, per quanto ottimi farmaci, non curano la leucemia!

Esistono infine una miriade di studi sulla qualità di vita con gli oppioidi. Sono studi molto contrastanti. Per quanto siano ottimi farmaci, quando indicati, a superare un periodo più o meno lungo di dolore, raramente rappresentano la scelta definitiva. Troppe obiezioni, ho troppe domande e poche risposte.

Per esempio, sappiamo cosa sono gli oppioidi “deboli” e quelli “forti”? Non stiamo parlando di martelli. I deboli si legano debolmente al recettore oppioide, i forti si legano fortemente. Non è una caratteristica clinica, ma una farmacologica, farmacodinamica per l’esattezza! Un oppioide forte non significa che funzioni meglio di uno debole: non esiste una progressione di efficacia clinica. Amen.

Chissà se mai qualcuno leggerà questo articolo fino a questo punto…

La valutazione della qualità di vita

Altro capitolo infinito. Innanzitutto perché la qualità di vita è individuale. Diverse le aspettative dello sciatore professionista di Monte Carlo che ho visitato qualche mese fa, diverse quelle del mio vicino di casa che vuole semplicemente alzarsi di notte senza tanto mal di schiena. Ma facciamo finta di aver omogeneizzato i pazienti. Tutti vogliono le stesse cose, hanno le stesse aspettative.

Abbiamo così elaborato centinaia di validissimi questionari che cercano di individuare i fattori che in ogni tipologia di dolore influenzano maggiormente la qualità di vita del paziente. Per esempio (e per non annoiarvi troppo), il questionario che io utilizzo per valutare il mal di schiena, quello di Oswestry, comprende 11 domane: dall’impatto della lombalgia sulla vita sociale, a quella lavorativa, a quella sessuale. Lo trovate in fondo a questa pagina, se siete curiosi.


Oswestry pain questionnaire: questionario di valutazione della qualità di vita con mal di schiena

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