Mentre solo una ernioplastica su 50 recidiva, più del 6% presenta un dolore cronico, il dolore dopo intervento per ernia inguinale. Un numero esorbitante se si considera che si tratti di uno degli interventi più frequenti. Sembra che questo fatto non sia correlato alla bravura del chirurgo. Nei casi disperati i pazienti vengo ri-operati ma questo tentativo raramente allevia il dolore.
Si tratta di un dolore neuropatico, un po’ come il mal di denti o la sciatica, un dolore che contiene un’importante “componente affettiva”. Un modo elegante per dire che la vita del paziente è severamente influenzata da questo disaggio. Scosse, formicolii, bruciore e punture di spilli, variamente associati, si irradiano distalmente alla sede dell’intervento. Spesso vengono coinvolti anche i genitali esterni e la cute della parte interna dlla coscia.
La diagnosi del dolore dopo intervento per ernia inguinale
Il dolore dopo l’intervento per ernia inguinale o per appendicite viene trasmesso attraverso i nervi ileo-ipogastrico e ileo-inguinale. Si effettua una prova infiltrativa durante la prima visita: consiste nell’iniezione di anestetico locale sotto controllo ecografico su questi due nervi. Così si ottiene la ragionevole certezza che una loro completa interruzione con la radiofrequenza, sarà la soluzione definitiva. La radiofrequenza non viene normalmente eseguita nello stesso giorno della prova infiltrativa. Garantiamo ai nostri pazienti tutto il tempo per verificare che l’iniezione dell’anestetico ha effettivamente apportato un beneficio e di affrontare la procedura con tranquillità. Se la prima infiltrazione è dubbia, dopo pochi giorni si può richiedere una seconda prova (prenotare visita di controllo gratuita con Giada).
La radiofrequenza
La radiofrequenza si esegue come l’infiltrazione: sotto controllo ecografico si individua i nervi. Un ago sottile collegato al generatore di radiofrequenza viene avvicinato al norvo. La stimolazione elettrica minima del nervo, conferma la posizione sul nervo incriminato. Si inietta anestetico locale attorno ai nervi e si procede con la loro demolizione con il calore. Attorno alla punta dell’ago, scelta appositamente per il risultato desiderato, si possono effettuare due tipi di trattamento: la neuromodulazione con radiofrequenza pulsata, non lesiva per il nervo, oppure la termoablazione con radiofrequenza continua. Due trattamenti diversi, a seconda delle necessità ed aspettative del paziente. Tutto viene discusso prima del paziente, per meglio comprendere la sua volontà.
Evoluzione della tecnica!
La nostra scelta ultimamente ricade sulla tecnica che quest’articolo riporta. La neuromodulazione gangliare, la radiofrequenza delle radici di questi due nervi a livello della colonna vertebrale. Si tratta delle radici di T12, L1 ed L2. Questa tecnica rende necessaria la sala operatoria e l’utilizzo dell’apparecchio radiologico (arco a C), il mezzo di contrasto e più tempo e risorse: di tempo, di infrastruttura ed economiche. Non prevede il test preliminare sui nervi (in quanto vengono intercettati a monte) ed offre una maggiore percentuale di beneficio.
Si tratta di una procedura senza controindicazioni e molto ben tollerata. La breve degenza che segue, di un’ora in genere, serve solo per confermare la buona salute del paziente dimesso. Il controllo si effettua dopo un mese, quando l’esito della radiofrequenza è definitivo.
Nella tecnica che oggi preferiamo, vengono trattati con la radiofrequenza i gangli delle radici nervose da cui derivano i nervi ileo-inguinale e ileo-ipogastrico, disegnati nella seguente immagine in blu.